KIERKEGAARD

Kierkegaard nacque a Copenhagen, in Danimarca, nel 1815 e condusse una vita priva di eventi particolari: si allontanò raramente dalla sua città natale e, dopo la morte del padre, ereditò una cospicua somma in denaro che gli permise di dedicarsi unicamente ai suoi studi e di evitare di dover lavorare per guadagnarsi da vivere.

IL LUTERANESIMO 

La biografia del filosofo è, però, essenziale per poter cogliere la sua elaborazione teorica. In primo luogo, la figura del padre fu centrale nella sua formazione: verrà, infatti, da questi educato ad una rigida osservanza religiosa. Il luteranesimo a cui il genitore lo aveva introdotto, ed in particolare un marcato senso del “peccato”, spinsero il giovane Kierkegaard ad iscriversi alla facoltà di teologia per diventare pastore. Ma il filosofo non decise mai di intraprendere tale professione. La vita di Kierkegaard appare infatti segnata da una “paralisi”, una spiccata incapacità di decidere tra le alternative che si presentarono nella sua vita, una indecisione perenne che lo portarono ad identificare se stesso come un “contemplativo” che osservava con distacco la vita, più che viverla scegliendo. È lo stesso filosofo, nel suo Diario, a restituirci gli stati d’animo, enormemente ingigantiti, che accompagnavano ogni possibile scelta da compiere. 


IL PUNTO ZERO

Questo “punto zero” compiuto sotto la scelta di non scegliere non caratterizzò unicamente i suoi rapporti con la famiglia e la sua attività di scrittore, ma anche la sua vita amorosa.

Inspiegabilmente, infatti, ruppe il suo fidanzamento con Regina Olsen e a nulla valsero le suppliche della giovane intenzionata a sposarlo. Ad eccezione delle polemiche con la Chiesa danese luterana Intraprese negli ultimi anni della sua vita, Kierkegaard fu interessato unicamente alla composizione dei suoi scritti che risultano molto numerosi in considerazione della giovane età a cui si spense. 


LE OPERE MAGGIORI

Tra le opere più importanti di Kierkegaard ricordiamo: Enten-Eller (tradotto con Aut-Aut) e Timore e tremore, entrambi composti nel 1843; Il concetto dell’angoscia (1844); La malattia mortale (1849). 


PENSIERO ANTI-IDEALISTA

Il pensiero di Kierkegaard è profondamente immerso nella cultura della Danimarca del suo tempo, permeata dall’ascendente di Hegel e dell’idealismo. Le elaborazioni del filosofo si porranno, però, in netto contrasto con la cultura accademica dominante e saranno segnate da uno stile personale che abbandonava il rigore del linguaggio filosofico e la sua pretesa oggettività. Difatti, le caratteristiche della sua filosofia furono:


  1. ESISTENZA: l’importanza assegnata all’esistenza concreta degli uomini. È il singolo, l’individuo fatto di carne e ossa, con le sue esigenze e i suoi dubbi a costituire l’oggetto della sua ricerca. Kierkegaard abbandona ogni pretesa astrazione generalizzante, ogni necessità e si concentra unicamente sulle scelte e le opportunità della persona concreta.
  1. LA POSSIBILITÀ: la centralità del criterio della possibilità, concepita come la cifra caratteristica dell’esistenza umana. Per Kierkegaard è “possibilità-che-sì” ma anche, al tempo stesso, “possibilità-che-non”. Con ciò il filosofo intende dire che ogni scelta, ogni opportunità che si presenta all’uomo, impone sempre che se ne scartino altre. C’è un rischio ineliminabile in ogni opportunità esistenziale che porterà lo stesso filosofo all’immobilismo.
  1. RIFLESSIONE SOGGETTIVA: una rivalutazione della riflessione soggettiva, appassionata, in cui l’uomo viene inserito nel contesto in cui vive senza garanzie e senza sapere o sperare di poter percorrere una strada già segnata. La storia, secondo Kierkegaard, è il risultato dell’azione incerta, casuale e problematica dell’individuo.
  1. L’AUT-AUT: credere che la vita, nel suo farsi, sia sempre caratterizzata da una scelta che obbliga ad un “aut-aut”.


GLI STADI DELLA VITA: 

Nell’opera Aut-Aut Kierkegaard presenta i primi due stadi esistenziali, cioè le due alternative di vita che si presentano come scelte inconciliabili all’uomo: o l’una o l’altra, senza nessuna soluzione di continuità o tentativo di mediazione. 


VITA ESTETICA: 

Il primo stadio analizzato è quello della vita estetica: è il modo di vivere in cui l’uomo rifiuta la banalità, la monotonia, l’impegno ma ricerca solo e soltanto il piacere inebriante dell’avventura e dell’attimo intenso e fugace. 


VITA ETICA: 

Questo secondo stadio si fonda sulla scelta, sull’essere protagonisti di un compito e di portarlo avanti con costanza. Emblema di questo stadio è il buon marito, l’impiegato in cui l’individuo decide di abbracciare un “modello” di comportamento e la “normalità”. 


VITA RELIGIOSA: 

Nell’opera Timore e tremore, infatti, Kierkegaard affronta la vita religiosa che risulta essere una scelta ancora più radicale di quella compiuta nel passaggio dalla vita estetica a quella etica. La figura chiave di questo stadio è infatti Abramo che contro ogni legge morale, decide unicamente di seguire un comando divino. 


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